16 aprile 2010
l'oggetto impossibile
vianello-tognazzi sarebbero stati perfetti per un film su fini-bossi, poi è arrivato berlusconi
| inviato da stebaldo il 16/4/2010 alle 12:54 | |
28 dicembre 2009
Via Plebiscito, soppressa fermata bus
Rimossa la paletta Atac di fronte alla residenza del premier e scoppia
la rivolta popolare. Piovono critiche da cittadini, commercianti e
utenti dei mezzi pubblici dirottati su altre fermate in centro. La
decisione è stata presa per "fluidificare il traffico per ragioni di
sicurezza, legate alla vicinanza del Presidente del Consiglio", a pochi
passi da piazza Venezia
(Repubblica, ed. ROma)
| inviato da stebaldo il 28/12/2009 alle 15:41 | |
11 novembre 2009
Da Berlino a Como
Di muro in muro. (Giangiacomo Schiavi sul Corriere)
| inviato da stebaldo il 11/11/2009 alle 15:4 | |
11 novembre 2009
Api e Ruspoli
Il segreto, se sarà sopravvissuto alla riunione serale che ha all'ordine del giorno la discussione sul simbolo, lo svelerà oggi Rutelli in una conferenza stampa a Palazzo Ruspoli, risposta al sontuoso Palazzo Colonna scelto da Luca Cordero di Montezemolo per il debutto di Italia Futura. (Alessandra Sardoni sul Foglio)
| inviato da stebaldo il 11/11/2009 alle 14:52 | |
11 novembre 2009
due vecchi arnesi
nasce Thefrontpage.it, il sito dei lothar
| inviato da stebaldo il 11/11/2009 alle 14:42 | |
10 novembre 2009
La Bolognina diventa un centro estetico
Marco Marozzi sulla Repubblica
| inviato da stebaldo il 10/11/2009 alle 15:10 | |
20 ottobre 2009
legittimo progresso vs sana tradizione
Oggi sull'Osservatore Romano un pezzo di Paolo Portoghesi (Lo sforzo di rendere visibile la fede) sull'architettura a mezzo secolo dal Concilio.
Il clima culturale degli anni 60 del secolo scorso, ancora fortemente influenzayo dalla fiducia illimitata nelle rivoluzioni, favorì da parte degli architetti, una interpretazione radicale del "legittimo progresso", e una sovrana indifferenza per la "sana tradizione", vista come ostacolo a una radicale palingenesi basata sulla tabula rasa.
portoghesi
osservatore romano
| inviato da stebaldo il 20/10/2009 alle 14:11 | |
20 ottobre 2009
Golf Courses Now Grow in Vietnam’s Rice Fields
Ancora sul Nytimes (per un po' smetto) un articolo sul boom del golf in Vietnam (a discapito dei coltivatori di riso).
| inviato da stebaldo il 20/10/2009 alle 14:9 | |
20 ottobre 2009
The Secret New York Minute
New York, il mistero dei treni "ritardati" un minuto per aiutare i pendolari. Ieri sulla Repubblica. Venerdì scorso sul Nytimes.
| inviato da stebaldo il 20/10/2009 alle 13:47 | |
8 ottobre 2009
a real Rubik's Cube
Come la logistica del ritiro dall'Iraq si stia rivelando il più grande movimento di uomini e mezzi americani da 40 e più. (International Herald Tribune)
pullout
iraq
rubik's Cube
marc santora
| inviato da stebaldo il 8/10/2009 alle 17:16 | |
7 ottobre 2009
"Come la politica rovina l'architettura, in ogni parte del mondo"
L'articolo di Rem Koolhaas sul progetto della Maddalena, realizzato in 10 mesi e poi abbandonato per spostare il G8 all'Aquila. (Corriere, rassegna Camera)
| inviato da stebaldo il 7/10/2009 alle 14:44 | |
29 settembre 2009
montpellier o la signora giovanna?
Uno scrive (su un blog) anche per liberarsi da un'immagine ingombrante. Per esempio dalla signora Giovanna, la guardiana della Piscina Mirabilis di Pozzuoli, immortalata mirabilmente domenica sera da Presa Diretta di Riccardo Iacona, dedicata agli sprechi del nostro patrimonio culturale.
Ebbene, la signora Giovanna mi perseguita. La vedo apparire con gli stessi piedi gonfi e braccia molli, in sottana, con le chiavi. La vedo salutarmi in cima alle scale della Piscina, la cisterna romana dalle arcate verdi, una cattedrale ammuffita in cui rischiare di essere dimenticati. La vedo ripetermi da lassù che non può accompagnarmi per via delle ginocchia e che debbo riportarle le chiavi a casa, dopo. O di lasciarle attaccate al cancello, che è meglio. Un incubo insomma.
Meno male, che c'è Montpellier, penso, per scacciare gli incubi. Meno male che c'è una cittadina francese dove con un museo, un centro storico e un paio di muriccioli - comunque etruschi - hanno trasformato il turismo in business. Il risultato: migliaia di viaggiatori soddisfatti da accoglienza e organizzazione. C'è persino la possibilità di prenotare gli alberghi online, dice trionfante nel servizio una delle responsabili del locale (e funzionante) assessorato al turismo.
Ecco dunque cosa dovrebbe fare l'Italia nostra. Lasciare la signora Giovanna al sugo di giornata, e seguire l'esempio di cittadine di Montpellier! Allora sì che l'impatto sul Pil sarebbe rilevante. Altro che l'attuale 2,7 per cento...
Tutto a posto, dunque? Manco per niente.
Ieri sera, all'indomani della succitata trasmissione, a cena con un amico che di francesi se ne intende (convive con una di loro per esempio), gli parlo del mio incubo (la signora Giovanna che butta la chiave) e dei miei dubbi (sul modello francese al turismo). Il mio amico mi ascolta, e poi a un certo punto rivela: sai se gli capitava a un francese di imbattersi nella signora Giovanna... lo avrebbe raccontato a tutti... un vero voyageur!
21 settembre 2009
bufale artiche a nord est?
  Oggi con Repubblica c'è il solito inserto del New York Times in original version. Dopo una massiccia dose di storie meschine e prive di importanza, in italiano, quale occasione migliore per riprendere contatto con il mondo? Sarei persino fortunato. Visto che l'apertura dell'inserto è di quelle che piacciono a me, in stile geografico economico politico. Foto di ghiacciai e navi. Pensieri a Shiel o Langewiesche, letture recenti. La storia promette bene. Un viaggio di due navi dalla Corea del Nord a Rotterdam. Si parla dell'apertura storica - la prima volta nell'umanità, più o meno – del cosiddetto passaggio a nord est, reso possibile dallo scioglimento dei ghiacciai dell'Artico, dunque dal global warming. Mica male. Peccato però che a una rapida occhiata sulla rete, la storia sembra essere una bufala. E io che stavo per partire alla volta di Rotterdam per salutare le navi in arrivo.
| inviato da stebaldo il 21/9/2009 alle 12:32 | |
25 marzo 2009
UN BOVINDO CI SALVERA'
 Un bovindo ci salverà
Stefano Baldolini Europa Quotidiano, 25 marzo 2009
Verande e verandine, chiusure di balconi, tettoie che diventano improbabili giardini d’inverno, terrazzini pensili. Un’esplosione di serramenti in alluminio anodizzato, il cui inventore, Woody Allen si divertì a ritrovare tra le fiamme dell’inferno (il film era Harry a pezzi).
Per chi teme che, nonostante il buon gusto degli italiani, (o favorito dallo stesso), il cosiddetto belpaese possa diventare un florilegio di sopralzi, avancorpi, superfetazioni, c’è un precedente che può far tirare almeno un sospiro di sollievo.
Non si tratta della moderna scuola architettonica delle “case parassite”, dalla olandese alla sudamericana, che come ha notato il domenicale del Sole 24 ore, sta proliferando in città laboratorio come Amsterdam, Rotterdam o Caracas. Troppo all’avanguardia. Troppo lontana dalla sensibilità del premier e dei suoi: si pensi ai giudizi sull’arte moderna dell’attuale ministro della cultura. Troppo anche per gli italiani, come noto allergici a qualsiasi sperimentazione dall’aria intellettuale e inclini a più familiari operazioni fai da te.
Piuttosto il precedente a cui poter riferire il piano casa Berlusconi, e forse evitare che diventi uno scempio di proporzioni inenarrabili, è più classico.
Stiamo parlando del bovindo, che non è un animale mitologico, ma la traduzione di bay window. Ossia del corpo chiuso, in genere vetrato, sporgente rispetto alla linea del prospetto dell’edificio, che può avere pianta poligonale o semicircolare (in questo caso, bow window: finestra ad arco).
C’è un fatto che nessun politico con un minimo di ambizione – e di scaramanzia - dovrebbe sottovalutare: da elemento tipico ma secondario dell’architettura gotica dei paesi nordici, dove spesso veniva costruito in legno, il bovindo conobbe la sua fioritura niente meno che con la regina Vittoria.
Fu durante il suo lunghissimo regno, segnato peraltro dalla esposizione universale del 1851 del Crystal Palace di Londra - forse il primo evento globale dell’era moderna – che il bovindo passò da semplice elemento decorativo a vera e propria griffe. Arrivando alla massima diffusione intorno al 1870, nel periodo del cosiddetto stile medio vittoriano. Allora non c’era casa – in città o in campagna – che non si costruisse senza una finestra aggettante da cui osservare il mondo.
Per necessità: il bovindo nacque infatti per aumentare la luce naturale nei tuguri della Londra industriale stigmatizzata da Dickens. Ma anche per esigenza di casta: “Cosa c’è di meglio che ammirare il proprio giardino da dentro casa?” si chiede oggi il Daily Telegraph commentando la nuova casa – con bovindo – di Madonna e alludendo non senza ironia alla tendenza, molto british, di farsi i fatti degli altri, ma con una certa discrezione.
Tornando alla longeva regina, va ricordato che le possibili analogie con il periodo vittoriano non sono finite. Fu infatti nel 1890 che entrò in vigore la legge sulle abitazioni dei lavoratori, in pratica il primo intervento di un ente pubblico nel mercato immobiliare.
D’altra parte il diciannovesimo è il secolo in cui si getta il seme del conflitto destinato a diventare annoso, tra le due visioni del mondo (urbanistico). Tra chi sosteneva la necessità di costruire case grazie all’iniziativa privata e chi inventava nomi (come falansterio di Fourier) – e modelli di società – per i grandi insediamenti popolari costruiti con i soldi pubblici.
Ma è anche il secolo della rivoluzione dell’acciaio. Della torre Eiffel e dei grattacieli di New York. Victor Horta, esponente di spicco dell’Art Nouveau e grande innovatore, sperimenta l’elemento bovindo a Bruxelles, nell’Hotel Van Eetvelde e soprattutto nella Maison Tassel (1893). Un classico dell’epoca.
Va poi ricordato che il bovindo nacque, oltre che per aumentare la luce e la vista, anche per creare l'illusione di una stanza più grande. Una trovata neobarocca. Immaginifica. In grado di tirare su. In tempi di crisi, non è un aspetto da prendere alla leggera.
Non a caso fu uno dei cantori della grande depressione d’oltreoceano, Edward Hopper, a usare il bovindo come cornice naturale per le sue figure solitarie e sperdute, affacciate al sole, come alla ricerca di un destino smarrito.
Per restare negli Stati Uniti, non c’è dubbio che sia San Francisco la patria naturale del bovindo. A causa del poco spazio tra gli edifici, divenne talmente diffuso e caratterizzante - “come la nebbia, le colline e l’acqua”, scrive il San Francisco Chronicle – che nel 1886 si dovette ricorrere a una storica ordinanza per risolvere i sempre più frequenti conflitti urbanistici tra costruttori e difensori degli spazi pubblici. Ancora oggi le norme sono talmente stringenti che il bay window rimane uno dei pochi modi possibili per intervenire.
Insomma, un bovindo potrebbe salvarci, e restituirci a buon mercato un’aura di perduta grandezza. Non proprio coloniale, come ai tempi della regina Vittoria. Ma comunque all’altezza della provincia italiana che merita qualcosa in più di una verandina costruita alla bell’e meglio, e in attesa di un condono. In fondo non c’è niente di male a sognare un po’. E forse con gran parte del territorio nazionale già costruito e la parte restante vincolata, non c’è molto altro da fare. Come canta Paolo Conte in Blue tango: "Tra le ombre verdi di un bovindo/gustando un acqua al tamarindo/l’uomo che ha niente da inventare/prova a sognare, prova a sognare…”.
| inviato da stebaldo il 25/3/2009 alle 17:43 | |
13 febbraio 2009
Dal Pci all' ultima scissione di Vendola la quarta vita della sezione Garbatella
Dal Pci all' ultima scissione di Vendola la quarta vita della sezione Garbatella
Repubblica — 31 gennaio 2009 pagina 12 sezione: POLITICA INTERNA
ROMA - Gli ingressi sono due. In via Passino 26 entrano i compagni di Sinistra Democratica, in via degli Armatori 3 c' è il portone di Rifondazione. Anche il giardino è diviso in due, da una siepe di allori. Siamo alla «Villetta», quartiere romano Garbatella, ex casa del fascio diventato storico quartier generale del Pci. Un edificio a due piani che riassume nei suoi spazi consumati, nelle targhe sulla porta (dalla lapide comunista al simbolo stinto dell' Unione), tutto il travaglio della sinistra italiana. Ad ogni scissione, ad ogni lite, la Villetta si ristruttura. In questo momento al pianoterra c' è Sd che ha conquistato la sede, forte del 61 per cento ottenuto dalla mozione Mussi, all' indomani dello scioglimento dei Ds nel Pd. Al primo piano ecco Rifondazione, insediatasi immediatamente dopo la svolta della Bolognina, grazie alla fede ingraiana dei compagni della sezione Pci di Garbatella che relegarono i pidiessini là dove adesso stanno i mussiani. Fu il periodo peggiore di convivenza, si ruppero amicizie di lunga data, fu persino tirata su una parete per rendere incomunicanti i locali. Complicato? Contorto? Sì, e non è finita. Adesso i vendoliani, che sono la stragrande maggioranza rispetto agli «ortodossi» vicini a Ferrero (l' ultimo congresso certifica un rapporto di 220 a 30), sono in allerta. Raccontano che ci sono state «avvisaglie» di pericolo. Insomma, fiutano il rischio che il primo piano della Villetta venga espugnato dalle truppe della maggioranza di Rc. E' un fatto che una serratura è stata cambiata pochi giorni fa, come denunciato da un iscritto. «Manutenzione ordinaria» assicura Donato Mattei, consigliere di municipio. «Qui la porta è sempre aperta per tutti», garantisce Vezio Ferrucci, segretario di questo circolo che è il più grande d' Italia con i suoi 498 tesserati, tra cui gli ex detenuti di due cooperative e 40 appartenenti a famiglie Rom. Di chi è allora la Villetta alla luce di quel che sta succedendo dentro Rifondazione? «La Villetta non è proprietà del partito - dice Ferrucci - i luoghi sono di chi c' è, di chi ci lavora ogni giorno, degli iscritti. I compagni che hanno aderito alla mozione Ferrero non si fanno vedere da mesi, forse perché hanno ottenuto incarichi nazionali e sono impegnati. Ma li sfido a tornare, venite a gestire il circolo, chi è più forte vince». Nessuna possibilità di fare causa, comunque: l' affitto è unico, stipulato a suo tempo dal Pci, la Villetta è patrimonio delle case popolari. Chi è il più forte vince: questa la regola della «Repubblica di Garbatella». E' così vero che il Pd, dopo una vivace polemica tra ex diessini e mussiani, ha dovuto andarsene in un' altra sede di quartiere, piccola, parecchio defilata. «Qui la sinistra è sempre stata egemone - spiega Natale Di Schiena, segretario del Circolo Sd, 200 iscritti, insediati al pianoterra, l' unico ad essere riscaldato, con caldaia autonoma - e per sinistra intendo sinistra, quindi non il Pd che, per una citazione di Togliatti ne fa cinque di De Gasperi». Sui muri Togliatti non c' è. Ma ognuno conserva i propri numi tutelari. Al primo piano, tra ceste piene di pane da distribuire la domenica (un' iniziativa di Ferrero che non entusiasma i vendoliani, convinti che ben altro si debba fare) ecco un quadro di Lenin. «Noi di Sinistra Democratica invece sulle pareti abbiamo Enrico Berlinguer, venga a vederlo», dice Giancarlo Proietti, iscritto alla Garbatella dal' 74, memoria storica dell' edificio. Lui si ricorda bene dei tempi duri, quando «i compagni non si parlavano più, dopo la Bolognina». Tutto diviso, tutto separato. Adesso è diverso, con Rifondazione la convivenza è una passeggiata. «Facciamo molte battaglie insieme, sulla casa, per l' integrazione dei Rom», racconta Andrea Beccari, assessore alle politiche sociali del Municipio. Ognuno sta nel suo piano, ognuno, d' estate, innaffia il suo pezzo di giardino, ma la siepe di allori è diventata scenografica. Quando ci sono le feste di Sinistra democratica, quelli di Rifondazione aprono il bar che sta dalla loro parte. Non è un caso che qui la sinistra Arcobaleno sia andata alle ultime elezioni all' 8,5 per cento, nonostante la batosta generale. Un' armonia insidiata da questa faccenda della quasi scissione di Vendola, dal divorzio con Ferrero e i suoi. Fabio De Nardis, attualmente responsabile nazionale di Rc per Università e Ricerca, parla di «una rottura familiare devastante»: «E' il mio circolo, ultimamente non ci sono andato perché impegnato su altri fronti. Spero che i compagni del Movimento per la sinistra di Nichi Vendola non vogliano andare allo scontro frontale. Credo che sia possibile ancora dialogare e condividere gli spazi». «Condividere gli spazi? Non glielo consiglio proprio - commenta dal pianoterra Di Schiena - Noi di Sinistra Democratica siamo stati presi a pesci in faccia dai Ds quando c' è stata la rottura. La soluzione dei separati in casa non funziona mai. E' come quando una coppia è in crisi. Allontanarsi è l' unica possibilità per pensare, eventualmente, un giorno, di tornare insieme». Come finirà? Come sempre alla Villetta: il più forte vince. - ALESSANDRA LONGO
| inviato da stebaldo il 13/2/2009 alle 19:59 | |
30 gennaio 2009
Non si chiude l’affaire targhette
Non si chiude l’affaire targhette: ennesima trapanata, torna sul muro anche il Pd - Separati in casa e sul portone: Pd a sinistra, Margherita a destra – VELTRONAL FELICE, Le immagini tv sono salve... (da dagospia)
Non c'è pace in via Sant'Andrea delle Fratte, al civico numero 16. All'ingresso della sede del Partito Democratico prosegue la comica battaglia delle targhette. Che si arricchisce di un nuovo capitolo. Dopo il ritorno l'altro giorno del simbolo della Margherita, il giorno dopo lo sradicamento dei due simboli Pd e Dl che erano posti uno sopra all'altro sul fianco dell'entrata, lo scenario è cambiato per l'ennesima volta.
Il trapano è tornato in azione. Ora ai lati del portone sono presenti due targhe terribili, non più con il simbolo dei partiti inquilini del palazzo, ma con la semplice dicitura del nome. Scritte terribili, su sfondo bianco. A sinistra c'è quella del Pd, in nero. A destra quella della Margherita "Democrazia è libertà", in blu con la "è" rossa.
Separati in casa e anche sul portone, quindi, visto che prima stavano dallo stesso lato. Una toppa peggiore del buco. E di toppa si tratta, perché le due targhe attualmente visibili sarebbero solo transitorie in vista della realizzazione di due nuovi cartelli in ottone.
Evidentemente al Nazareno non sanno come spendere i soldi e perdere tempo, ma l'obiettivo di Veltroni è raggiunto: avendo messo le due targhe sui lati opposti dell'ingresso, ora le telecamere dei telegiornali potranno riprendere la scritta "Partito Democratico" senza dover inquadrare anche il nome della mal tollerata Margherita. Il fegato dei diessini e di Veltronal potrà trovare tranquillità almeno su questo fronte...
| inviato da stebaldo il 30/1/2009 alle 19:4 | |
29 gennaio 2009
MO: ARCHITETTO ISRAELE, ANCHE URBANISTICA E' ARMA MILITARE
ZCZC0603/SXB YBO18573 R EST S0B SA1 S41 S91 QBXB MO: ARCHITETTO ISRAELE, ANCHE URBANISTICA E' ARMA MILITARE
<newslink iptc="16010000,04004002,11011000"> </newslink> (ANSA) - BOLOGNA, 29 GEN - Anche l'urbanistica può essere uno strumento non solo politico, ma anche militare. E' la tesi dell'architetto e scrittore israeliano Eyal Weizman, ospite del festival internazionale Urbania a Bologna. "Distruggere i campi dei rifugiati palestinesi e costruire città al loro posto - ha spiegato - come fa Israele nei territori occupati, vuole dire togliere alla popolazione della Palestina lo status di profughi". Secondo Weizman, direttore del Research Architecture Center al Goldsmith College di Londra, ammonta (per ora) a due miliardi di dollari, di cui il primo arrivato nel bel mezzo della guerra, la cifra messa sul piatto per la ricostruzione dei territori palestinesi dopo i bombardamenti da parte di Israele. Denaro proveniente da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giappone, Iran e Comunità Europea. "In Palestina - ha spiegato - la distruzione e la ricostruzione sono in assoluta continuità e l'intero processo ha a che fare con l'eliminazione dello status di rifugiati per i palestinesi". Un modo per indebolire la lotta dei palestinesi, tra i cui punti di forza Weizman cita proprio l'essere riusciti a definirsi profughi dall'inizio del conflitto fino ad oggi. La soluzione, allora, consisterebbe nel "migliorare le condizioni di vita dei profughi senza togliere loro lo status di profughi". A livello pratico, "i politici israeliani pensano di poter indebolire la resistenza attraverso la riconfigurazione degli spazi palestinesi. Così è successo ad esempio a Jenin, dove nel ricostruire palazzi al posto del campo, si è pensato che delle strade troppo strette sarebbero state pericolose per la sicurezza: dunque, si sono costruite strade abbastanza ampie per farci passare un carrarmato israeliano, che in questo modo è divenuto l'unità di misura dell'urbanistica nei territori palestinesi". (ANSA).
KWX 29-GEN-09 19:05 NNNN
| inviato da stebaldo il 29/1/2009 alle 19:21 | |
29 gennaio 2009
New York, a Times Square l'hotel più sporco d'America
29/1/2009 - La classifica del sito per viaggiatori TripAdvisor.com |
 |
New York, a Times Square l'hotel più sporco d'America
|
 |
 |
|
|
 |
Il Carter Hotel, a due passi dal celebre incrocio, si aggiudica il titolo per la terza volta in quattro anni. Nessuna ristrutturazione in vista: i prezzi allettanti convincono i turisti a chiudere un occhio |
 |
 |
E.L. |
 |
Un girone dantesco, un incubo degno di Stephen King, una bettola fatiscente: sono solo alcuni delle decine e decine di giudizi negativi di turisti e viaggiatori che hanno fatto guadagnare al Carter Hotel di New York il titolo di albergo più sporco d'America.
A stilare la classifica, il sito TripAdvisor.com, che raccoglie oltre 20 milioni di recensioni su hotel e altre strutture turistiche: attraverso il sito, gli incauti turisti giunti nella Grande Mela e capitati al Carter hanno parlato di hall fatiscente, moquette lurida, insetti e topi ovunque, muri scrostati e avventori turbolenti e inquietanti, che hanno fatto del Carter Hotel una meta da evitare accuratamente. E non è la prima volta che l'albergo si fa notare per le sue condizioni: è entrato nella top ten dei peggiori hotel americani per quattro volte in quattro anni e per tre volte si è classificato al primo posto.
Se la pessima fama ancora non lo ha portato alla chiusura, è solo perche l' “hotel degli orrori” ha dalla sua un asso nella manica: l'imbattibile rapporto prezzo - posizione. Con 130 dollari a notte ci si aggiudica una stanza a pochi passi da Times Square, il cuore pulsante di Manhattan: una boccata d'aria per i “turisti low-cost”, che nella stessa zona non trovano stanze per meno di 250-300 dollari a notte. E infatti il giudizio di TripAdvisor non preoccupa minimamente il direttore dell'hotel Erwin Lumanglas: “Anche se dicessero che siamo l'hotel più sporco del mondo, la gente sarebbe comunque interessata a stare da noi, vista la location e il prezzo”.
Sulla convenienza dell'hotel, comunque, non tutti sono d'accordo: “Dovrebbe costare al massimo 30 dollari a notte, viste le condizioni!”, protesta Quita Jones, di Cincinnati, una dei tanti viaggiatori amaramente delusi dal soggiorno al Carter. “Penso che sarebbe stato più pulito dormire per strada”, aggiunge un altro utente di TripAdvisor.com.
Anche la versione italiana del sito pullula di giudizi negativi: a nessun turista di casa nostra è capitata la spiacevole avventura occorsa ad una donna delle pulizie, che ha trovato sotto un letto il cadavere di una donna, ma in molti parlano di scarafaggi a spasso nei corridoi, lenzuola macchiate e bucate, muffa sulle pareti, letti rifatti e asciugamani cambiati una volta alla settimana, pulci ovunque e perdite d'acqua in bagni incrostati di misteriosa sporcizia. “Questo è l'inferno...scappate via!”, racconta di aver trovato scritto sul muro della propria stanza un malcapitato ospite. Nel caso in cui si scelga di seguire il consiglio e fuggire altrove, meglio evitare il New York Inn, sull'Ottava Avenue all'altezza della 47esima strada, e il Ramada Plaza, sempre sull'Ottava: si sono classificati rispettivamente secondo e terzo nella classifica del “disgusto alberghiero | dalla Stampa
| inviato da stebaldo il 29/1/2009 alle 19:5 | |
28 gennaio 2009
Museo dello Shoah, ingresso da via Torlonia
dalla Repubblica edizione Roma
| inviato da stebaldo il 28/1/2009 alle 19:52 | |
27 gennaio 2009
PD: 'GIALLO' SU ASSENZA TARGHE PD E MARGHERITA IN SEDE ROMA
ZCZC0692/SXA WPP20294 R POL S0A QBXB PD: 'GIALLO' SU ASSENZA TARGHE PD E MARGHERITA IN SEDE ROMA
<newslink iptc="11010000"> </newslink> (ANSA) - ROMA, 27 GEN - Per il momento sono rimasti soltanto i buchi. Rischia di diventare un 'giallo' l'assenza delle targhe di Pd e Margherita all'ingresso della sede del Partito Democratico in via Sant'Andrea delle Fratte, in pieno centro a Roma. Al portone dello storico palazzo, parte del Collegio Nazareno a due passi da piazza di Spagna, campeggiavano fino a ieri le targhe del Partito democratico e quella della Margherita. I portieri all'ingresso confermano che le targhe sono state levate in mattinata ma non sanno dire di più. Malgrado la fusione tra Ds e Margherita dello scorso aprile, l'edificio oltre al Pd e agli studi di 'YouDem.tv' ospita gli uffici della Margherita al terzo piano, dal quale però non trapela nulla su questo piccolo 'giallo': "Non ne sappiamo nulla", è la risposta dell'ufficio stampa della Margherita. Formalmente il partito guidato da Francesco Rutelli, infatti, é ancora in vita; dovendo ricevere i finanziamenti del rimborsi elettorali fino al 2011 è necessario giuridicamente che esso rimanga in vita fino a tale data. E alla Margherita sono rimaste alcune stanze al terzo piano dell'edificio, dove lavora anche lo staff di Rutelli e quello dell'Associazione "Persone e Reti" che fa capo ai rutelliani e ai teodem. (ANSA).
KSE-IA 27-GEN-09 19:44 NNNN
| inviato da stebaldo il 27/1/2009 alle 19:50 | |
27 gennaio 2009
Lipsia, la casa dove il tempo si è fermato
L'appartamento riaperto prima della ristrutturazione del palazzo Tutto è fermo al 1989, poco prima che cadesse il muro di Berlino
Qui Crottendorfer Strasse, Lipsia la casa dove il tempo si è fermato
Oggetti e prodotti alimentari ormai introvabili. "Noi, come Howard Carter quandò scoprì la tomba di Tutankhamen" di BENEDETTA PERILLI
Fuori dalle finestre di un appartamento a Crottendorfer Strasse, a Lipsia, nell'allora Ddr, la Germania cambiava pelle al ritmo di mattoni caduti per sempre e donne per la prima volta al potere; al chiuso di questa casa modesta al quarto piano rimaneva una fotografia cristallizzata della vita ai tempi della Germania dell'est. Una sorta di museo dell'Ostalgie, nel quale il tempo si è fermato al 1989, la polvere ricopre ogni piatto di plastica lasciato sul tavolo e i prodotti alimentari ormai introvabili come la Vita-Cola o la margarina Marella sono sistemati in un frigorifero datato. LE IMMAGINI Non stiamo parlando di un museo storico ma dello scenario apparso lo scorso novembre al 44enne architetto tedesco Mark Aretz, prima persona a rientrare nella casa di Lipsia dopo venti anni di abbandono da parte dei suoi occupanti. "Appena aperta la porta ci siamo sentiti come Howard Carter al momento del ritrovamento della tomba di Tutankhamen - ha spiegato l'architetto al Berliner Morgenpost, il quotidiano tedesco che ha divulgato la scoperta - e anche se nell'appartamento regnava un grande caos, abbiamo capito subito che era un tesoro storico, un portale di accesso verso un tempo ormai scomparso". Il ritrovamento risale allo scorso novembre quando, prima di avviare i lavori di restauro dello stabile, l'architetto e il suo staff hanno ispezionato ogni appartamento. Al quarto piano, tra calcinacci e impalcature, i quaranta metri quadrati della casa dimenticata sono rimasti completamente intatti. Così come gli occupanti li hanno lasciati nel 1989.
Secondo i testimoni, la casa sarebbe stata abbandonata in fretta e probabilmente sotto la pressione dell'imminente caduta del muro di Berlino. Le tracce rimaste lasciano pensare ad una vera e propria fuga: in cucina le tazze da caffè giacciono ancora intatte, così come i piatti da lavare e i cassetti degli armadi mai richiusi. Il nome dell'occupante non è stato ancora reso noto ma i documenti ritrovati in casa apparterrebbero a un giovane di Lipsia allora 24enne, con un anno di carcere alle spalle e la polizia della Germania dell'est sulle tracce della sua automobile dell'epoca e di un'audiocassetta misteriosa. L'altro mistero che avvolge la vicenda è quello riguardante il pagamento delle utenze. Le bollette dell'acqua sarebbero infatti state pagate fino al 1992 dal proprietario dello stabile. Ma che venga rintracciato o meno l'inquilino dell'appartamento del quartiere Reudnitz ormai pare non avere più importanza. I lavori di ristrutturazione dello stabile infatti, come reso noto dall'architetto Aretz, continueranno nonostante il ritrovamento di questo angolo di Repubblica democratica tedesca rimasta intatto. "Nessun oggetto della casa proveniva dall'Ovest - ha dichiarato Mark Aretz all'agenzia di stampa tedesca Dpa - e in cucina abbiamo ritrovato anche un cestino con Gummibroetchen, i cosiddetti panini di gomma dell'epoca". Ma non solo. Tra i pezzi ormai storici rinvenuti nella casa anche una bottiglia di vodka Kristall, un tubetto di dentifricio Elkadent, alcuni pacchetti di sigarette Karo e Juwel, quelle dal famoso slogan "Ho già provato il gusto dell'Occidente".
foto di Matthias Lüdecke Alcune di queste "memorabilia" sono addirittura tornate in produzione dopo anni di assenza dal mercato tedesco. È il caso per esempio della Vita-Cola, sapore simbolo dell'ex Germania, dove veniva prodotta fino alla caduta del muro di Berlino, e che da alcuni anni è tornata negli scaffali dei supermercati tedeschi. Tutta colpa dell'estalgia, la nostalgia per la vita all'epoca del socialismo che negli ultimi anni si è rivelata un asso nella manica per il revival di prodotti e look ex sovietici. La storia dell'appartamento di Lispia non lascerà certo indifferenti questi nostalgici e a molti ricorderà il film di Wolfgang Becker del 2003 Good Bye Lenin!, la storia di un figlio che, per non sconvolgere la madre socialista entrata in coma prima della caduta del muro, al suo risveglio inscena una perfetta ricostruzione domestica della vita ai tempi della Ddr.
(27 gennaio 2009)
da repubblica.it
| inviato da stebaldo il 27/1/2009 alle 19:13 | |
24 novembre 2008
merito dell'architetto
Sto facendo i lavori a casa, gol e passaggi sono anche merito dell'architetto che mi sta insegnando tante cose. (Francesco Totti commenta il "cucchiaio" contro il Lecce, sulla Cronaca di Roma del Corriere della Sera)
lavori a csa
architetto
cucchiaio
Lecce
| inviato da stebaldo il 24/11/2008 alle 14:53 | |
21 novembre 2008
neanche un dittatore africano
Non fu costruito con Mussolini e non sarà costruito con Gianni Alemanno. Le possibilità che sia realizzato l'arco progettato da Adalberto Libera per l'Esposizione universale del 1942 sono infatti nulle. A spingere per l'opera razionalista è l'architetto-deputato di An Fabio Rampelli, considerato il "Richelieu" di Alemanno in materia di urbanistica, protagonista di battaglie su opere del Ventennio come il Foro Italico, dove è riuscito a far modificare il progetto dello stadio del tennis. Ma il potente Umerto Croppi, assessore alla Cultura definito il "Karl Rove" di Alemanno, non ne vuole sentire parlare. "L'arco era una splendida idea con elementi di futuro nel momento in cui è stata", ha detto Croppi. Che in privato abbandona la diplomazia: "Neanche un dittatore africano costruirebbe una cosa del genere". (Arco della discordia, L'espresso)
Libera
Alemanno
Rampelli
Croppi
Eur
| inviato da stebaldo il 21/11/2008 alle 19:27 | |
11 novembre 2008
darwin non fa sconti a nessuno
Jovanotti oggi sul Giornale. Penso positivo dunque sono. La Valensise sul Foglio e la scomparsa dell'uomo bianco.
| inviato da stebaldo il 11/11/2008 alle 11:47 | |
9 ottobre 2008
la crisi e il potere della paura
Interessante articolo dell'Herald Tribune che mette in relazione il permanere ingiustificato della crisi ("in the absence of another nasty surprise") con l'attuale potere dilagante della paura ("Instead, the market has become a case study in the psychology of crowds,
many experts say. In normal times, it runs on a healthy mix of fear and
greed. But fear now seems to rule, with investors often exhibiting a
Wall Street version of the fight-or-flight mechanism: They are selling
first and asking questions later").
Sarebbe interessante capire se oltre alle ormai note (pur se incomprensibili a persone normodotate) disfunzioni che sono all'origine della crisi, una della cause dell'effetto domino di questi giorni possa essere da legarsi all'ormai cronica predisposizione alla paura di molti di noi, operatori di borsa inclusi.Predisposizione non del tutto indipendente dall'agenda setting dei governi degli ultimi anni, dall'11 settembre in poi, per capirsi.
crisi
paura
| inviato da stebaldo il 9/10/2008 alle 14:54 | |
29 settembre 2008
black swan & greenwich time
l'Observer ha pubblicato un profilo di Nassim Nicholas Taleb, l'autore del Cigno nero, e Tom Wolfe sul New York Times ha preso per culo gli ex finanzieri d'assalto, da Wall Street a Greenwich (Time)
| inviato da stebaldo il 29/9/2008 alle 17:23 | |
10 settembre 2008
ladri di mission
ma il Papa, o il Dalai lama, o qualche imam... insomma al Cern cercano la particella di Dio e nessuno di loro dice niente? Non dico un anatema, una fatwa, un digiuno, ma almeno una campagna del Foglio...
| inviato da stebaldo il 10/9/2008 alle 13:1 | |
10 settembre 2008
rialzati, e usa meglio lo spazzolino
Uno dei vantaggi di avere il dentista all'Eur, è che ieri durante una la pulizia dei denti ho potuto ascoltare in anteprima il punto di vista di Ciarrapico, intervistato oggi dal Riformista.
"Ma de che s'incaza Napolitano? S'informasse prima di mettersi lì con le due mani sulle corone. A Porta San Paolo non c'eano partigiani. Anzi sì ce n'era uno solo, Raffaele Persichetti, e gli hanno dato la medaglia d'oro." (ciarra)
"Persichetti conosceva le leggi e s'è messo un paltò sull'uniforme, poi è sceso in piazza. Sapeva che se veniva preso in abiti civili lo avrebbero fucilato" (il mio dentista)
Che poi "Rialzati Italia" fosse uno slogan della repubblica di Salò - come dice il ciarra - bisognerebbe verificarlo, ma ho le gengive troppo indolenzite per mettermi a fare lo storico. Pur dilettante.
(da stebardo)
| inviato da stebaldo il 10/9/2008 alle 10:13 | |
13 agosto 2008
una più del diavolo
Oggi ho scoperto l'esistenza dell'underbooking (la Stampa)
| inviato da stebaldo il 13/8/2008 alle 19:42 | |
8 agosto 2008
A Long Wait
Per una volta siamo arrivati prima degli americani che vedranno la cerimonia di Pechino - una dichiarazione di guerra bella e buona, secondo me (da regime totalitario, secondo Gianni Mura) - in differita, perché la Nbc che ha speso milioni di dollari non ci ha pensato un attimo prima di rinviarla al prime time. (New York Times)
| inviato da stebaldo il 8/8/2008 alle 19:52 | |
|